
Non ci ho messo neanche un giorno nel nuovo anno per imparare qualcosa di nuovo. Un paio di mesi fa abbiamo prenotato una cena con pernottamento alla locanda Hiša Franko, appena fuori Kobarid, in Slovenia, con due stelle Michelin. Del posto sapevo solo che era a neanche un quarto d’ora dal confine, ma non mi ero posto altre domande.
Tra l’arrivo e la cena abbiamo deciso di fare due passi in paese. Buttando l’occhio sul cartello di benvenuto ho letto «Kobarid/Caporetto», e credo di avere ancora l’impronta della mano sulla fronte. A ripensarci non fa una piega, e la corrispondenza tra i due nomi ha molto senso (magari non tanto quanto Ljubljana/Lubiana, ma di sicuro più di Koper/Capodistria), ma sul momento mi è parsa un’illuminazione. Forse avrei dovuto ascoltare di più le storie mio zio Tranquillo, che andava sempre a pescare da quelle parti e che quei posti li conosceva bene.
La gita a Hiša Franko è stata tutt’altro che una Caporetto, anche se sono stato costretto a chiedere che mi sostituissero il raviolo alla zampa d’orso, che mi sarebbe sembrato come mangiarmi un fratello. D’ora in poi quando nei ristoranti mi chiedono se ho allergie particolari dovrò ricordarmi di dire «Nessuna, ma niente orso grazie».